Signal, biglietto di sola andata

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Signal, biglietto di sola andata

Un gioco di parole, una metafora che rende l’idea di questi due giorni. L’incertezza dettata da una stagione molto condizionata dalla meteo e, conseguentemente dalla preparazione fisica oramai fatiscente. Aggiungiamoci un compagno che è disposto ad arrivare in vetta anche morto e il gioco è fatto. Così, quando al parcheggio del distributore automatico dei biglietti del pulmino per la Fontana Bianca sputa questo pezzo di carta che consente andata e ritorno dal questo posto, noi sappiamo già che è un biglietto di sola andata, lo useremo infatti due volte per salire nel medesimo punto. La salita, nella prima parte si svolge fiancheggiando il tumultuoso torrente Sesia. Raggiungiamo così la casa dei Guardiaparco, poi scendiamo di poco al sottostante rifugio per farci fare qualche panino.
Lungamente  seguendo il sentiero di destra tra pascoli e vecchi alpeggi abbandonati arriviamo al rifugio Barba Ferrero ancora chiuso ma con un certo numero di escursionisti sulle panche.
Pit stop d’obbligo per alleggerire lo zaino dai panini e fare due chiacchiere con due ragazzi di Novara che ci accompagneranno fino al limite del ghiacciaio discorrendo di cose serie e meno.Tra queste cose le mie avventure per le scorribande alpine che, viste da un estraneo possono sembrare delle vere barzellette come l’ormai mitizzata storia del Tasch, di Manfred e di come si fece tutta la cresta con la diarrea. I ragazzi se la ridono divertiti e io gli racconto quella dello stambecco ostinato preso a calci in culo con i ramponi al Dom.
Quando il mio socio, fino ad allora muto, gli fà presente che le storielle sono vere essendo lui presente ad almeno due delle vicende , i ragazzi smettono di ridere e si guardano perplessi. Allora li rassicuro, non essendo svizzeri non si devono preoccupare.. Sul culmine della morena a quota 2700 ci si saluta. Le nebbie nascondono i quattro ghiacciai che scendono dal Rosa di cui noi intuiamo solo la presenza per i tuoni dei crolli che ogni tanto si sentono. Una buona traccia di ometti ci guida in questo deserto di pietre fino all’inizio del ghiacciaio delle Locce Sud. Qui la nebbia svela la nostra meta..alla faccia!
Gli ultimi trecento metri saranno parecchio penosi, Sandro entra in crisi catarsica e il passo diventa più lento.
Ieri abbiamo entrambe fatto tutto il possibile per arrivare stanchi. Dormito poco e lavorato molto..Veniamo superati d’infilata da due ragazzi della Valle di Aosta che, il giorno dopo in sole quattro ore saranno in vetta. A noi basterebbe la vetta senza un calcolo di ore penso..Al bivacco siamo in tre cordate e tali resteremo.
Piedi bagnati, freddino e nuvole accompagnano il calare della sera ascoltando dubbi e timori per il giorno a venire.
Sandro stà male, non mangia e cerca di dormire ; io perlomeno stò bene e mangio, ma non chiuderò occhio fino alla sveglia delle tre. Una volta iniziata la salita della cresta  bisognerà uscire per forza, un biglietto di sola andata appunto.Sono abbastanza preoccupato per Sandro che non è riuscito a mangiare nulla.Per tutta la lunga cresta nevosa cerchiamo di cadenzare un buon passo  anche se l’esposizione non consente corse , questo è la parte dove si può guadagnare tempo. Quando albeggia un lungo serpentone di neve si snoda sotto di noi, sinuoso e altalenante, bello e terribile.Dietro di noi, all’inseguimento, un mio compaesano e un socio Pompiere che non incrocieremo più. Necessariamente dobbiamo essere in punta presto per scendere in giornata ad Alagna e tornare a casa. Il percorso si snoda con logica e i passaggi più duri sono su roccia bella e sana, i canali di raccordo ben innevati e la neve giusta ci portano sotto un grande risalto in vista della”grande esse” Attraversiamo a sinistra ignorando due rinvii appesi su un muro verticale (questo è un passaggio duro non più in uso) per aggirare la parete sul lato più debole e rotto fino a portarsi sul versante ovest dove con due lunghezze di corda su un pendio di neve si esce a monte del risalto sul filo di cresta. Ancora un ultimo salto di roccia con un passaggino di terzo e sono fuori sulla cuspide nevosa  sotto il rifugio. Sandro mi raggiunge e mi abbraccia.
Ecco cosa siamo venuti a fare qui.
In fondo è questo che cerchiamo no? noi stessi negli altri e l’immersione in una natura viva e cruda, primordiale per ritrovare le nostre vere radici. E di fronte a questo, spogliati di tutti gli armamentari della civiltà siamo soli e più veri, e abbiamo ancora bisogno del prossimo e il legame nel mondo moderno se genuino, qui assurge all’amicizia più bella. Gli ultimi passi fino al ballatoio sospeso del rifugio mi portano a una riflessione : ancora una volta abbiamo conquistato l’inutile se così lo si può definire, ma mi sento straordinariamente appagato di questi due giorni e delle strade che abbiamo incrociato con altre persone qui, in questi monti. Belle persone , come quelle che ancora incontreremo in discesa, tutti soddisfatti di queste giornate passate  a rovistare dentro sè, perchè le montagne sono i luoghi nascosti della nostra anima e noi li giriamo a destra e manca per chiarire il paesaggio che ci stà attorno, per capire la meta, la direzione da prendere o per rassicurarci su quella già presa. Le montagne, quando le rivediamo ci rassicurano, sono sempre lì inamovibili anche se non eterne . Sandro è la prima volta che viene sul Rosa, così io mi diverto a decantargli le vie e le cime del vasto corollario glaciale. Parecchia gente con gli sci scende dalla Punta Gnifetti, altri dalla Vincent. Neve buona per sciare, fresca anche se siamo oramai ad agosto.
Anche la Punta Giordani ha un traccione enorme che la risale.
In meno di due ore siamo alla funivia di raccordo per il Passo dei Salati. Siamo fortunati, paghiamo a metà prezzo il biglietto e un ragazzo ci regala due biglietti di discesa per Alagna.
Si parlotta in gabina con alcuni del Cai di Breno-Mi sà che senza saperlo ho conosciuto Renato che ha salito la Dufur. Lo scorrere del Sesia accompagnerà il nostro lungo ritorno dalla valle stanchi ma felici.


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