Cercen-canale nord

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E ‘ sempre stato lì, tutti lo hanno sempre visto, ammirato.Chissà quante volte tornando da qualche gita dal Tonale ognuno di noi lo hà visto.
Ma le tracce sul Cercen sono sempre state molto rare fino a quando…potenza di Internet oggi sul Cercen siamo una piccola folla, tutti oramai pronti a scendere il ripido che una volta era riservato a pochi; ma sarà poi vero?
Per questa bella montagna che, per i più è associata al Passo Cercen che , durante la salita alla classica della Presanella la può vedere in un’angolazione che non ne esalta certo le forme.
Ma da Nord , benchè la potente bastionata della Busazza gli tolga il primo piano è un bel vedere.
E il nome di questa montagna sembra abbia origini ben antiche, pare che “circinnare” fosse l’abitudine di tagliare il bosco per fare posto ai pascoli, così almeno pare facessero i Romani (quelli antichi he..)Così questo strano nome slegato dall’etimologia locale nel tempo è arrivato a noi.
Così mentre saliamo (anzi scendiamo) nel boschetto che porta alla base del canale mi chiedo perchè mai i Romani non abbiano portato a termine per bene il loro lavoro!
La traccia infatti è tutto un zigzagare fra alberelli, salendo e ora scendendo fino all’imbuto di valanga superato il quale ci si affaccia sul canale vero e proprio.
E qui inizio a contare…17, siamo in diciassette compreso quello che dietro di noi stà salendo di lena.
Tanto non si perde, penso io, basta che segua la traccia marrone..sì la mia da buon scialpinista catarritico  influenzato con bronchite annessa..
Mentre salgo infatti continuo a darmi del Pirla.
Ma oggi perlomeno la traccia è ottima e di neve fresca ce nè giù una quantità industriale!
Eccolo il tutinato che mi raggiunge..mi saluta..ma..è Giacomo!  Ma è alle prese con una di quelle situazioni che per uno scialpnista sono fra le peggiori dopo lo zoccolo e la neve crostosa o gli amici bidonari.
Gli si è rotta la CamelBag e ora bagnato dal culo in giù mi fà anche un pò compassione.
Così parlando si arriva al dunque dell’affollamento su un itinerario del genere, guarda siamo in 17 gli dico io, e non è neanche un numero fortunato.
Lui insiste a dire che siamo in 18, uno o addirittura due sarebbero nascosti alla vista.
Io insisto ; sono 17 notoriamente un numero sfigato.
Giacomo si tocca gli Zebedei e mi saluta.
Oggi potrei battere il campionato della lentezza.
Ma, siccome mi piace vincere facile riesco perfino a superare nell’ordine; uno con la Spit Board che si stende a pelle di leopardo a ogni curva e uno scialpinista assolutamente principiante che stà raccomandando l’anima ai posteri.
Sandro ,il mio socio che simula compassione mi stà appresso, in realtà pure lui non è che ne hà da buttare di fiato.
A un certo punto dove il pendio si raddrizza ulteriormente la traccia devia a sinistra uscendo sul versante Est da dove, per un canalino si arriva in cresta.
Nessuno infatti hà tracciato la diretta sotto le cornici.
Uno solo (saprò poi un locals) si azzarda a tracciare, senza ramponi (tanto c’è neve fresca e fonda) e senza spallare gli sci in  una  mano e nell’altra le racchette.(perchè le picozze non si usano più..)
Quello và di lena e io decido di seguirlo, ma metto i ramponi e uso non una ma due picozze, perchè me le sono portate a spasso fino a qui e adesso è una questione di principio doverle usare!
Ma porca trota! questo quì davanti è della popolazione dei Watussi! fà degli scalini mai visti, tra uno e l’altro ci stanno due dei miei!
Mi riprometto appena arrivato sopra di riempirlo di improperi, di spiegargli che,dato che il lavoro lo doveva fare che lo facesse per bene, e quindi non solo per sè , ma pensando anche a quei poveri cristi che lo potrebbero seguire ,poveri cristi magari pure acciaccati,malati, catarrosi..insomma, non si lavora più per il prossimo?
E da sopra la cornice sbuca di tanto in tanto qualche scialpinista curioso, qualche temerario che vuole scendere con gli sci ma che, essendoci noi in mezzo ai piedi deve aspettare.
Poi qualcuno si stufa e scende lo stesso, ma a piedi il primo pezzo, poi tira fuori una vanga stile orto e comincia a svangare il pendio con noi sotto.
Lo fà con cura di non colpirci, certo, ma inevitabilmente qualche cosa ci rotola addosso, mentre lui svanga lei (perchè è una donna) si toglie i ramponi e si appresta alla discesa.
Ma quella faccia lì io l’hò già vista! Ma come ti chiami?
Dina! la compagna di Viktor! Ma tu pensa!
Quanto è piccolo il mondo, da quello virtuale a quello reale.
Ci si fà due chiacchiere lì sugli ultimi metri sotto la cornice come se fossimo al Bar.Sotto di me il socio protesta, vuole uscire, non si sente proprio a suo agio lì, non capisce che stò parlando con la compagna di un mito dell’alpinismo Altoatesino??
Ecchecavoli, un pò di rispetto Sandro!
Alla fine devo uscire sennò davvero facciamo thè a pasticcini.
Da qui in meno di dieci minuti si è in vetta.
Sandro è sul morto andante ma, alla vista della vetta si rianima come il sangue di San Gennaro nel giorno di festa.
Incredibilmente e insensatamente si spalla sci e zaino verso la vetta.
che a metà percorso si gira e,molla gli sci.
In breve raggiungo il compare assiepato sulla vetta con un gruppetto mi par di Verona con alcuni pataccari.
Riprendo Dina e compagno che scendono il primo tratto di canale, mi giro verso l’Adamello, noto con dispiacere che le nubi hanno già invaso la parte alta.
E’ una questione di minuti e la cima viene raggiunta da una nebbia stile padano.
Nevischia, poi i fiocchi sembrano foglie.
Qualcosa mi dice che è meglio scendere.
I miei soci scelgono la discesa per il versate est ,io che son figo scendo da Nord.
Ma non son solo.
Un ragazzo scende pure lui da nord, penso uno dei veronesi.
Sembra ben deciso.
Decisione che subito sfuma ai primi passi in discesa sotto la cornice.
Anche in questo caso i ramponi non si usano,e la picozza da sola ,si sà in certi frangenti se non sei proprio sgaggio non basta.
Gli allungo una delle mie picche per agevolarlo.Poi scendo io dove ha svangato per calzare gli sci, pochi metri sotto la cornice.
Intanto la nebbia diventa stile Ritirata di Russia, và e viene, comunque la visibilità non si può dire sia il massimo per scendere da qui.
E’ solo la questione di fare la prima curva, poi il resto vien da sè.
Il mio improvvisato compagno però non si decide a curvare.
Sarà una derapata unica.
Io lo aspetto, ho paura che cada e si faccia male, e in questo momento siamo soli.
Alla fine, seppur lentamente si scende.
Ina volta ricongiunto con i suoi amici lo lmollo e mi getto a capofitto.
Anche lui potrà dire di aver “sceso” il canale nord del Cercen..
Tornato all’auto, ricongiunti parenti e amici scopro che Giacomo si è fatto male in discesa, con un doppio carpiato si è scassato una spalla e hà la schiena dolorante.
Avevo ragione io; erano diciasette, numero sfigato!

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